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Malattia mentale e servizi territoriali: L’esperienza di Trento

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Abstract

Introduzione: L’esigenza di economicità del Sistema Sanitario ed il principio di equità nell’accesso alla salute inducono a ripensare i servizi offerti dal SSN attraverso la conoscenza delle buone prassi e la loro diffusione. Nell’ambito della Salute Mentale, ad esempio, si può osservare come il disagio cronico spesso venga gestito attraverso il trattamento dei momenti di crisi, con necessario ricorso al reparto, ed il trattamento della quotidianità, frequentemente risolto con l’inserimento in strutture residenziali a tempo indeterminato e senza obiettivi di sviluppo.Tale prassi ha carattere ricorsivo e come tale un costo probabilmente elevato. Il ricorso ai dati Audit, d’altra parte, consente di individuare alcuni servizi segnalati per la loro efficacia: è stato studiato il funzionamento del Servizio di Salute Mentale di Trento. Materiali e Metodi: Sono state condotte delle interviste in profondità agli esperti del settore (n=18). Le trascrizioni delle interviste sono state sottoposte ad analisi testuale (analisi dei cluster con metodo delle K-Medie e analisi delle corrispondenze) al fine di individuare fattori e cluster indicativi del modello attuato dagli operatori del Servizio. Risultati: I risultati evidenziano una particolare attenzione alla costruzione di reti di supporto per facilitare l’adattamento sociale del malato mentale. Il Servizio investe sull’attivazione di un ponte tra realtà istituzionale e territoriale in modo da assicurare una gestione alternativa al solo regime ospedaliero o residenziale. L’inserimento degli UFE (Utenti e Familiari Esperti) nel Servizio garantisce agli stessi una rendita ed uno status sociale utile alla promozione del benessere individuale e sociale e al Servizio una maggiore capacità di sviluppo delle competenze residuali del malato, recuperando una dimensione di autonomia e produttività, facilitando anche la sostenibilità degli interventi. Conclusioni: Riassumendo, si può sottolineare come ciò che differenzia il modello studiato dalle usuali prassi sembra essere la capacità di non organizzare l’intervento sul contenimento della crisi, quanto piuttosto sulla prevenzione, riducendo in tal modo il sovraccarico ed i costi del Sistema Sanitario. La gestione del disagio cronico organizzata in larga misura nel sociale, coinvolgendo comunità e terzo settore, riesce ad assicurare una buona rete di convivenza che facilita un utilizzo pertinente ed adeguato dei servizi in un’ottica rivolta al benessere della persona e non per ultima alla razionalizzazione della spesa pubblica.