La ‘taratura’ del collegamento fra le competenze appare oggi il vero problema della diagnostica: salvaguardate dal pregiudiziale rispetto che il pensiero contemporaneo garantisce alle indagini scientifiche, queste ultime vengono a volte ammesse, sempre che qualche addetto ai lavori ne abbia preliminarmente intuito l’opportunità, riesca a collocarle nella fase opportuna all’interno del percorso conoscitivo generale e sappia in seguito farne buon uso. Molto spesso, però esse sono relegate ad un ruolo di marginalità e autonomia che ne indebolisce il potenziale apporto informativo, rimangono disgiunte dal processo di conoscenza dell’architettura e delle sue fasi di trasformazione, non sono considerate nelle scelte orientative del progetto, a meno che questo non nasca da esigenze conservative particolari e mirate. Occorre promuovere particolarmente per questo le esperienze congiunte dal carattere esemplare, realizzate sia sul piano operativo vero e proprio che su quello formativo. In questo senso si propongono alcuni esempi, tutti relativi allo studio microclimatico delle architetture, rispettivamente utili ad illustrare l’esito di interventi condotti a prescindere dai risultati delle analisi effettuate (patriarcato di Peć-Peje in Kosovo), a dimostrare come a volte le stesse analisi possano orientare proficuamente le operazioni conservative verso il minimo o addirittura il non intervento (cattedrale di Anagni, Frosinone; cappella reale del duomo di Granada, Spagna), a evidenziare le ricadute in termini storico-conoscitivi, ancor prima che conservativi, delle acquisizioni diagnostiche (terme Taurine a Civitavecchia, Roma). L'approfondimento dell'analisi sulla chiesa di S. Maria del Ponte a Tione degli Abruzzi ha infine consentito, grazie all’interrelazione dei dati documentari, di rilievo e diagnostici, di elaborare conclusioni congiunte, propedeutiche a una proposta progettuale informata ‘da dentro’ di tutti gli aspetti della questione conservativa.