La corretta identificazione varietale riveste una rilevante importanza scientifica e pratica in tutti i settori dell’arboricoltura. Tali problemi interessano in modo particolare specie come la vite che presentano aspetti di grande complessità, determinati sia dall’elevato numero di cultivar, sia dall’esistenza di frequenti casi di omonimia e sinonimia. L'identificazione delle varietà attraverso le loro caratteristiche morfologiche (ampelografia e ampelometria) può essere soggetta ad errore, poiché le caratteristiche fenotipiche sono influenzate a diversi livelli dall'ambiente. Per ottimizzare la conservazione e l'utilizzazione delle varietà autoctone è estremamente utile un'analisi della diversità genetica di queste, mediante l'uso di marcatori molecolari basati sull'analisi del DNA, sia per il loro notevole potenziale discriminante fra genotipi, sia per la loro “neutralità” rispetto alle condizioni ambientali. Grazie a queste tecniche possono essere evidenziate differenze, a livello di sequenza nucleotidica, con estrema precisione. Il lavoro di questa tesi ha lo scopo di realizzare una caratterizzazione molecolare di ventidue genotipi appartenenti al genere Vitis, avvalendosi di differenti tecniche di marcatura molecolare: REMAP (REtrotransposon-Microsatellite Amplified Polymorphism), IRAP (Inter-Retrotransposon Amplified Polymorphism) I-SSR (Inter-Simple Sequence Repeat) e SSR (Simple Sequence Repeats). I retrotrasposoni sono elementi genetici mobili, di origine retrovirale, molto ripetuti (generalmente da 1000 a oltre 100.000 copie, per genoma aploide), interspersi nel genoma e ubiquitari negli eucarioti, sia animali sia vegetali. Nel corso dell’evoluzione, essi hanno occupato siti casuali nel genoma attraverso un intermedio a RNA, convertito in DNA extracromosomico grazie ad enzimi, prodotti autonomamente dal retrotrasposone stesso, prima di reinserirsi in un nuovo sito. La loro azione quindi ha generato una enorme variabilità genetica anche tra individui della stessa specie. I metodi di marcatura molecolare basata sui retroelementi consistono nell'amplificazione, mediante PCR, di sequenze di DNA fiancheggianti i retrotrasposoni, sfruttando l'elevato numero di questi nel genoma e la possibilità che in individui diversi i retrotrasposoni possano essersi inseriti in siti diversi del genoma. In particolare la tecnica REMAP consiste nell’amplificazione delle porzioni del genoma comprese tra un retroelemento e un microsatellite, mentre la tecnica IRAP prevede una amplificazione dei frammenti di DNA situati tra due retrotrasposoni vicini. Nel nostro lavoro sono stati progettati oligonucleotidi in base alla sequenza di tre retrotrasposoni fin qui isolati in vite: Vine-1, Tvv1 e Gret1. Questi oligonucleotidi sono stati utilizzati insieme ad altri primers microsatellitari in reazioni di PCR. Il più alto grado di polimorfismi è stato registrato utilizzando primers costruiti sul retrotrasposone Tvv1. Il numero di bande polimorfiche che è stato ottenuto dalle tecniche REMAP, IRAP e I-SSR è risultato essere sufficientemente elevato per discriminare con buona certezza tra le cultivar di V. vinifera e le specie di Vitis. La possibilità di ottenere dei prodotti di amplificazione anche in genotipi differenti dalla specie V. vinifera, suggerisce che questo retroelemento sia presente in tutto il genere Vitis e che abbia svolto un ruolo importante nella definizione e nella funzione della struttura del genoma delle differenti specie di vite. Analizzando i frammenti di PCR mediante un sequenziatore automatico è stato possibile anche mettere in evidenza alcune differenze tra cloni di una stessa varietà. Questo costituisce una novità importante ed incoraggia, per il futuro, la ricerca di ulteriori primer microsatellitari per ottenere un sufficiente numero di polimorfismi tra cloni. Per le analisi SSR sono stati utilizzati oligonucleotidi già usati con successo per evidenziare polimorfismi a carico di loci microsatellitari di vite. Con questa analisi è stato possibile distinguere, in parte, genotipi di cultivar o specie differenti di Vitis, tuttavia i profili delle lunghezze degli amplificati sono risultati uguali per i cloni della cultivar Sangiovese che è stata testata. In conclusione, questo lavoro mostra che i retrotrasposoni, ed in particolare il Tvv1, possono essere utilizzati come marcatori molecolari nell’identificazione varietale della vite, e che questi elementi probabilmente hanno giocato un ruolo importante nell’evoluzione del genoma della vite. L’utilizzo di tecniche di marcatura molecolare basata sui retroelementi e sui microsatelliti, si è dimostrato utile per discriminare tra genotipi di vite anche essi vicini tra loro dal punto di vista genetico, ed incoragggia la ricerca di ulteriori oligonucleotidi per arricchire la banca dati internazionale, che custodisce la lista delle lunghezze dei loci microsatellitari di differenti cultivar del genere Vitis.