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Monitoraggio sierologico di pestivirus in popolazioni di camoscio alpino

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Abstract

Negli ultimi decenni, la caratterizzazione genetica di virus del genere Pestivirus, tradizionalmente classificati in base alla specie ospite di isolamento in virus della diarrea virale bovina (BVDV), della border disease (BDV) e della peste suina classica (CSFV), ha evidenziato un’ampia trasmissione interspecifica. In particolare nel camoscio sono state segnalate situazioni molto differenziate, che variano da infezioni sporadiche nelle Alpi a seguito dell’interazione con ruminanti domestici (Casaubon et al., 2012) a focolai ad elevata mortalità nei Pirenei (Marco et al., 2009). Scopo del presente lavoro è indagare la diffusione di pestivirus in tre popolazioni di camoscio alpino (Rupicapra r. rupicapra), rispettivamente in provincia di Verbania (Comprensorio Alpino di Caccia - C.A.VCO2), di Vercelli (C.A. VC1) e Lecco (C.A.C. Alpi e Prealpi Lecchesi). La raccolta dei campioni di siero si è svolta durante le stagioni venatorie 2013 e 2014. Sono stati testati un totale di 205 campioni, 51 e 17 nel C.A.VCO2, 42 e 41 nel C.A. VC1, 30 e 24 nel C.A. LC, rispettivamente nei 2 anni. I sieri sono stati processati utilizzando un test immunoenzimatico (ELISA) commerciale per la determinazione degli anticorpi verso la proteina p80/p125, comune a tutti i pestivirus ed un test di virus-neutralizzazione (VN) per la ricerca di anticorpi verso BVDV. Nel VCO2 la sieroprevalenza è risultata del 17.65% (CI 95% 7.35 - 35.65) in entrambi gli anni di indagine, interessando sia yearling che adulti; nel comprensorio confinante VC1 la sieroprevalenza presenta valori molto contenuti, compresi tra 0 e 5.26%. Nel lecchese i valori variano dal 6.67% nel 2013 al 16.67% nel 2014. 130 campioni sono stati testati con entrambe le metodiche, evidenziando una percentuale limitata di discordanza, con il 4,61% di positività in ELISA non confermate in VN, e il 3.84% in VN non confermate in ELISA. Nel primo caso, il dato è imputabile alla capacità del test ELISA di identificare anticorpi verso tutte le varianti virali dei pestivirus, nell’altro esso evidenzia la maggiore sensibilità diagnostica del test in VN. Nel complesso la sieroprevalenza riscontrata nelle popolazioni di camoscio indagate si mantiene a livelli contenuti. Tale frequenza è verosimilmente dovuta a sporadiche infezioni conseguenti all’interazione con i ruminanti domestici. A tale proposito va considerato che la principale fonte di mantenimento dell’infezione, per quanto noto nelle specie domestiche, è rappresentata da soggetti persistentemente infetti in seguito a trasmissione verticale. L’interazione con il domestico si verifica nei mesi estivi, periodo in cui le femmine di camoscio non sono gravide. La trasmissione interspecifica non è in grado di determinare perciò infezioni persistenti nel selvatico, ma transitorie, la cui frequenza dipende dalla prevalenza nel domestico e dal livello di interazione spaziale fra le popolazioni.